1° maggio 2001. Quel mattino, il cielo sopra Brühl aveva una pallida luce incerta, come se il sole esitasse a sorgere sul regno di Phantasialand. I ciottoli ancora umidi riflettevano le facciate colorate della Terra della Fantasia, rimaste bagnate dalla pioggia del giorno precedente.
Oltre 20.000 visitatori avevano scelto di trascorrere la giornata al parco, tra le aree a tema Cina e Far West, completamente ignari del fatto che, dietro quell’aspetto da sogno, qualcosa stesse per cambiare. Le condizioni erano ideali per una gita: clima quasi estivo, diverse novità per grandi e piccini tra cui la nuova area Kinderland e la trasformazione del classico coaster indoor Vekoma Space Center (1988) nella rinnovata versione Temple of the Night Hawk.
Caos, fiamme e panico
Dapprima un odore strano, acre e pungente nell’aria. Poi un brusio, teste che si voltavano. Ancora nessuno intuiva che la giornata avrebbe preso una piega drammatica e che le fiamme avrebbero inghiottito una parte di questo mondo magico.
Poi, un secco schiocco, apparentemente insignificante, squarciò l’aria. Fu seguito da un soffio, dapprima lieve, poi infernale. In pochi istanti, la magia si trasformò in incubo.
Era l’una e mezza del pomeriggio. All’eco delle risate che si mescolavano ai rombi delle montagne russe si sostituirono grida di angoscia. I visitatori, presi dal panico, fuggivano da un universo che avevano creduto tanto magico quanto intoccabile.
Tra il fumo, le urla e le sirene, fiamme alte e voraci divoravano il Grand Canyon Bahn, un powered coaster in servizio da vent’anni, propagandosi verso la Gebirgsbahn, la montagna russa alpina. L’attrazione era alloggiata all’interno della struttura dell’altro coaster, facilitando la propagazione dell’incendio e raggiungendo anche il tetto del Tanagra Theater e buona parte della zona Western del parco.
La scintilla
L’incendio iniziò da uno dei cinque treni della Gebirgsbahn, che in quel momento correva a piena velocità lungo il tracciato. Secondo le indagini, tutto ebbe origine da un cavo elettrico difettoso che avrebbe attivato i freni di emergenza, generando una serie di scintille. Appena si notarono le prime scie di fumo, l’impianto venne bloccato all’istante: un dipendente operatore addetto al coaster in questione, dalla cabina di controllo, aveva individuato l’anomalia e visto le prime fiamme tramite il proprio pannello di controllo e dato subito l’allarme.
A bordo dell’attrazione c’erano circa 150 persone, che riuscirono tutte a mettersi in salvo, anche se con non poca difficoltà, mentre l’area di attesa contenente altre 1000 ospiti circa veniva evacuata. Alcuni riuscirono ad abbandonare i vagoni da soli, mentre altri dovettero attendere l’arrivo dei soccorsi e scendere lungo una scala di emergenza alta 18 metri, mentre le fiamme iniziavano già a divorare lo scenario di quasi un chilometro di lunghezza. Il fuoco si propagò rapidamente, risalendo la struttura in legno e alimentandosi con i materiali altamente infiammabili delle scenografie. Anche il rivestimento esterno dell’edificio, nonostante fosse stato trattato con una pellicola ignifuga, aveva perso da tempo la sua efficacia, rendendo il tutto ancora più vulnerabile.
«Eravamo sul treno quando un uomo dietro di noi ha gridato “al fuoco!”. Mi sono girato e ho visto una palla di fuoco alle nostre spalle. Ho afferrato il mio amico e gli ho detto che dovevamo saltare giù», raccontò un testimone, ancora sotto shock.
Diverse testimonianze confermarono che l’altro coaster dell’area, il Grand Canyon Bahn, era fermo al momento della tragedia. L’unica attrazione in funzione era dunque la Gebirgsachterbahn, costruita praticamente all’interno dello stesso complesso scenografico. Alcuni visitatori dissero di aver visto dei tecnici al lavoro vicino a uno dei treni e ipotizzarono che potessero essere stati loro a innescare accidentalmente l’incendio, ma le indagini esclusero questa possibilità. La sosta forzata del Grand Canyon Bahn, paradossalmente, evitò un numero di coinvolti potenzialmente molto più alto.
Nel frattempo, altre persone raccontarono di aver visto intere sezioni dei binari di legno staccarsi e volare in aria per centinaia di metri, incendiando altri edifici del parco. Nel giro di pochi minuti, una pioggia di scintille e frammenti di plastica incandescente raggiunse le aree vicine: il tetto a pagoda del Tanagra Theater, nel quartiere di Chinatown, prese fuoco, seguito poco dopo dal Saloon della piccola città da Selvaggio West Silver City di Phantasialand.
I soccorsi
«La gente correva in tutte le direzioni», ricordò un visitatore. «Alcuni giurano di aver visto persone saltare, e il calore era così forte che si sentiva anche a più di cento metri di distanza. E poi c’erano gli odori, quel misto di fumo e plastica bruciata che non si dimentica.»
I soccorritori passarono tutto il pomeriggio a cercare eventuali vittime, mentre la polizia, insieme al personale del parco, coordinava l’evacuazione completa dell’area. Le procedure di emergenza si rivelarono efficaci, ma solo verso le 18, più di quattro ore dopo l’inizio dell’incendio, arrivò la conferma che nessuno era rimasto intrappolato tra le fiamme. In totale si contarono 63 feriti, tra cui una decina di dipendenti, la maggior parte intossicati dal fumo o rimasti contusi durante la fuga. La tragedia, quella vera, era stata fortunatamente solo sfiorata.
L’incendio segnò in modo indelebile la storia di Phantasialand, ricordando a tutti quanto fragile possa essere un mondo costruito sulla meraviglia e sull’artificio. Il fondatore del parco, Gottlieb Löffelhardt, lo definì allora uno dei giorni peggiori nei trentacinque anni di vita del parco.
«I cavi delle montagne russe sono stati sostituiti l’anno scorso», precisò il signor Löffelhardt, sottolineando come la sicurezza fosse diventata una priorità assoluta.
Fortunatamente, nessun’altra attrazione importante al di fuori di quella zona subì danni irreversibili.
L’incendio del 2001 rappresentò uno shock, ma allo stesso tempo fu un catalizzatore per la rinascita di Phantasialand. Il parco rafforzò le proprie misure di sicurezza antincendio attraverso un investimento di quasi 2 milioni di euro e si rilanciò rapidamente con nuovi progetti importanti, senza mai correre davvero il rischio di chiudere.
Le montagne russe distrutte dalle fiamme
Gebirgsbahn (1975), Schwarzkopf
La Gebirgsbahn era una montagna russa in acciaio inaugurata nel 1975, originariamente chiamata Bobsled 1, situata nell’area tematica Silver City, la Città del West. All’epoca, era considerata la più grande montagna russa in acciaio della Germania. La sua costruzione fu supervisionata da Anton Schwarzkopf, basandosi sui progetti dell’ingegnere Werner Stengel, allora dipendente dell’azienda.
L’attrazione, alta circa 28 metri, era concepita come una montagna russa familiare: non prevedeva inversioni e dopo la salita iniziale trainata da catena, i treni percorrevano un circuito classico a forma di otto, lungo 980 metri. Le discese non erano particolarmente ripide, ma la sensazione di velocità era amplificata dall’imponente catena di montagne artificiali aggiunta nel 1976 in seguito ai reclami dei residenti della vicina Brühl riguardo al rumore.
L’intera attrazione era circondata da pannelli di plastica e alcune sezioni del circuito erano completamente coperte. I treni erano composti da cinque vagoni, ciascuno con due file da due posti, per un totale di quattro persone per vagone. Per aumentare la capacità, furono acquistati due treni aggiuntivi oltre ai tre originali, consentendo, in teoria, fino a 1.800 persone all’ora di percorrere l’attrazione.
Grand Canyon Bahn (1978), Schwarzkopf
La grande popolarità della Gebirgsbahn spinse il parco ad aggiungere un secondo coaster all’interno dello stesso complesso, anch’esso progettato da Anton Schwarzkopf. Inaugurato nel 1978, questo nuovo tracciato raggiungeva un’altezza massima di cinque metri e poteva trasportare circa 1.200 persone all’ora.
Si trattava del modello Alpenblitz II, un powered coaster, che prevedeva un singolo treno con dodici carrozze. In ogni carrozza i passeggeri erano sistemati a coppie su due file, per un totale di 48 persone a treno. Questo modello era stato adattato appositamente per Phantasialand e studiato per incrociare più volte il percorso della Gebirgsbahn costruita tre anni prima, creando un intreccio di rotaie unico e molto spettacolare.

Grand Canyon Bahn, powered coaster della Schwarzkopf
La ricostruzione
Ben presto iniziò il progetto della ricostruzione. Nonostante la gravità dell’incidente, la chiusura totale del parco durò poco più di due settimane e la sopravvivenza stessa di Phantasialand non fu mai realmente messa in discussione. Al contrario, quell’episodio accelerò la trasformazione e la modernizzazione del parco, che colse l’occasione per reinventare intere aree e ampliare la propria offerta di attrazioni, conquistando nuovi visitatori e maggiore popolarità.
La direzione annunciò una rifondazione ambiziosa: non si trattava di un semplice ritorno allo stato precedente, ma di un’opportunità per ripensare gli spazi e rafforzare la sicurezza. Il parco investì rapidamente circa 2 milioni di euro in impianti antincendio all’avanguardia, dotando tutti gli edifici di sistemi moderni di rilevazione e prevenzione. Grazie a una comunicazione trasparente, al supporto assicurativo e a una politica di investimenti costanti negli anni successivi, Phantasialand riuscì insomma a voltare pagina.
Le due attrazioni distrutte non furono mai ricostruite. Sulle rovine della Grand Canyon Bahn, sfruttando la particolare topografia derivata dalla demolizione, nacque nel 2002 River Quest, un’attrazione acquatica spettacolare e innovativa per l’epoca, progettata con un approccio tecnico completamente nuovo. Nello stesso anno, il complesso Wuze Town inizialmente previsto per il 2001 introdusse le montagne russe Winja’s Fear e Winja’s Force, insieme ad altre attrazioni per bambini, segnando l’inizio di una nuova fase creativa.
River Quest e la mad house Feng Ju Palace non erano state progettate prima del grande incendio del 1° maggio 2001. La loro nascita testimonia la determinazione e la capacità del parco di trasformare un evento drammatico in opportunità, modernizzando e rinnovando le esperienze offerte ai visitatori.
I lavori di ricostruzione durarono diversi anni, durante i quali Phantasialand ne approfittò per modernizzare anche numerose altre infrastrutture. L’incendio, pur tragico, si rivelò una vera e propria svolta nella storia del parco, segnando la fine di un’epoca “artigianale” e l’inizio di un’era di precisione tecnologica, in cui ogni dettaglio, ogni materiale e ogni protocollo di sicurezza fu completamente ripensato.
Nuove misure di sicurezza
Per garantire una sicurezza rapida ed efficace in caso di incidente, a seguito del disastroso incendio, Phantasialand predispose un nuovo piano di intervento e risposta agli eventi molto strutturato. Il rinnovo delle misure fu organizzato attorno a quattro priorità principali:
- in primo luogo, vennero installati sistemi di rilevamento e allarme antincendio all’avanguardia in tutto il parco, includendo non solo edifici e attrazioni, ma anche aree tecniche e zone backstage;
- in secondo luogo, fu potenziata la protezione contro le fiamme con una capillare distribuzione di sprinkler e altri sistemi automatici di estinzione nei nuovi edifici e nelle attrazioni, così da limitare eventuali propagazioni di incendi;
- il terzo punto riguardò le procedure di evacuazione, rese più efficienti grazie a uscite di emergenza chiaramente segnalate e a esercitazioni regolari per tutto il personale, che ricevette anche una formazione aggiornata in materia di sicurezza antincendio e gestione delle crisi;
- infine, i nuovi materiali scelti per le ristrutturazioni e le nuove costruzioni furono attentamente selezionati per le loro proprietà ignifughe o di resistenza al fuoco, riducendo in modo significativo il rischio di incidenti simili in futuro.
La nuova vita di Phantasialand

Questi lavori di ristrutturazione segnarono una vera svolta nella storia del parco. L’area distrutta fu completamente riprogettata: l’intera parete rocciosa e le attrazioni danneggiate furono definitivamente demolite e sostituite con nuove aree tematiche, dotate di misure di sicurezza decisamente più avanzate.
La ristrutturazione introdusse anche nuovi requisiti per l’accessibilità, la gestione dei flussi e le procedure di evacuazione, garantendo maggiore sicurezza sia per i visitatori sia per il personale. Gli investimenti si estesero inoltre alle infrastrutture tecniche: locali di servizio, retrobottega, aree di stoccaggio furono modernizzati, mentre impianti elettrici e sistemi di ventilazione vennero controllati e aggiornati a fondo nel giro di pochi mesi.
Più di vent’anni dopo, i visitatori passeggiano in aree incantevoli e spettacolari come quelle che ospitano attrazioni iconiche come Colorado Adventure e la rinnovata Chinatown senza sospettare la storia che celano. Eppure, sotto i lastricati ristrutturati e le facciate ridipinte e nuove di zecca, resta il ricordo di quel giorno in cui, senza saperlo, i visitatori ricevettero un pass VIP per l’inferno.
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